Vi siete mai chiesti qual è il lavoro di adattamento, in termini tecnici, di localizzazione che c’è dietro ad ogni film o serie che guardiamo?
Prendiamo il caso dei film prodotti da Disney-Pixar:
sono molti gli esempi di localizzazione presenti nei vari film: da Up, a Ratatouille, da Toy Story a Inside Out: su youtube si trova un video che li raccoglie tutti.
Partiamo da Up, dove la copertina del libro di avventure di Ellie deve essere tradotta in tutte le lingue, oppure dal titolo di Toy Story che cambia per il mercato russo.
Molto spesso una soluzione consiste nel sostituire una scritta con una immagine che sia universalmente comprensibile in tutte le lingue: nel film Up, il vaso che raccoglie i soldi per andare alle cascate Paradise Falls, viene sostituito con un disegno delle cascate. L’immagine diventa comprensibile per tutti, in tutte le culture e idiomi.
A volte però il cambiamento di una scena è necessario per poter essere credibile: i broccoli che provocano disgusto nella piccola protagonista di Inside Out in quasi tutte le culture, per il Giappone sono stati sostituiti dai peperoni. Infatti, là i broccoli sono universalmente amati anche dai bambini.
Nello stesso film c’è una scena del padre che sta sognando ad occhi aperti e quello che immagina, nella versione originale americana, è una partita di hockey che per il mercato internazionale viene sostituita da una partita di calcio.
Questi sono dettagli che significano
moltissimo in termini di comprensione dell’effetto di una scena e
dell’immedesimazione che un film, una serie tv, un videogioco producono nello
spettatore.
Per questo è così importante prestare
attenzione a questi particolari. Ne va dell’efficacia del film e della
relazione che si crea con lo spettatore.
Il processo di localizzazione va oltre
la semplice traduzione, perché il contenuto deve essere adattato in modo da
renderlo significativo nella cultura di destinazione.
È un processo che risale alle idee che hanno creato il messaggio originale:
una volta localizzato potrebbe quindi risultare molto diverso, proprio perché a
prevalere è il senso del messaggio, che probabilmente con una traduzione
letterale andrebbe perso.
La personalizzazione rispetta ognuno di noi come individuo: la personalizzazione risponde ai nostri bisogni e differenze individuali. Migliora le nostre aspirazioni di rispetto, status e immagine positiva di sé.
Senza esagerare però: ha destato indignazione il caso della foto di lancio della serie canadese Anne, prodotta da Netflix che, per il mercato americano ha deciso di fare un restyling dell’immagine addolcendo le lentiggini, sistemando i denti e aggiungendo una tonalità di abbronzatura al suo incarnato. Il pubblico non ha gradito, si tratta di un’attrice quindicenne che interpreta una ragazzina di undici anni, sarebbe stato meglio valorizzare la spontaneità dell’età anziché applicare canoni estetici da rivista di moda.
E se nei film e nelle immagini questo balza subito all’occhio, proviamo a pensare a quanto la localizzazione e personalizzazione di un contenuto sia importante nella comunicazione quotidiana che un’azienda intrattiene con i propri clienti, il modo in cui si presenta, nei messaggi che sceglie di veicolare attraverso le parole, i colori e gli aspetti visuali.
Questo è il modo migliore per gestire la tua attività a livello globale ed esprimere la cultura aziendale. Come gestisci il tuo brand è come gestisci la tua attività.
Il successo di una comunicazione efficace deriva dalla soddisfazione di questi 3 aspetti:
globalizzazione, localizzazione e personalizzazione.
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